ALCUNE RIFLESSIONI SUGLI ULTIMI AVVENIMENTI : PERCHE’ IL 2 NON ERAVAMO IN PIAZZA

Abbiamo risposto a tutte le chiamate del Tpo
perché come collettivo universitario e femminista siamo aperte al confronto con
le realtà attente ai temi dell’autodeterminazione delle soggettività. Abbiamo
partecipato alle assemblee convocate dal Tpo ("Né norme né marie" 4
marzo, assemblea pubblica "Fuori i nostri corpi dal vostro
controllo!" del 18 marzo successiva all’azione alla farmacia in via
Massarenti del 7 marzo, e assemblea di sabato 29 marzo sul comizio elettorale
di Ferrara a Bologna). Infatti riteniamo che sia importante che negli spazi
sociali si discuta del tema del controllo sui corpi. Queste assemblee le
abbiamo vissute inizialmente come momenti di confronto su questi temi appunto.

Durante l’assemblea sull’azione alla farmacia c’è
stato un confronto sulle pratiche da mettere in campo per contrastare gli
ultimi attacchi alla legge 194 e l’obiezione di coscienza attuata dai
farmacisti che si rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo. Questo
confronto ha fatto emergere la volontà di potenziare la comunicazione su questi
temi da parte di alcune femministe della rete delle donne. D’altra parte
soggettività più vicine a pratiche "miste", che partecipavano al
confronto, hanno espresso l’intenzione di proseguire il dialogo iniziato per
creare una rete a progetto per realizzare un agire politico comune.

Alla diffusione della notizia del comizio di
Ferrara in Piazza Maggiore il Tpo ha inviato il comunicato "Ferrara non ci
passi"( http://www.globalproject.info/art-15515.html) per invitare
a un presidio di protesta in Piazza il 2 aprile. Nello stesso comunicato si
invitava a un’assemblea sabato 29 marzo per discutere e organizzarsi sulle
pratiche da portare il 2 in
piazza, dando per scontato tale modalità di protesta. All’assemblea hanno
partecipato varie realtà: centri sociali, collettivi, singol* e alcune donne
della rete femminile femminista e lesbica attiva in città che si sono astenute
dal prendere decisioni, rimandando al lunedì successivo (31 marzo) quando si
sarebbe tenuta l’assemblea della rete delle donne di Bologna.                                                                

Dirimente,
per le donne appartenenti a gruppi femminili e femministi, s’è dimostrata la
questione delle pratiche da mettere in campo, dato che la discussione sulla
presenza o meno in piazza non sembrava in quel luogo messa in discussione. I
nostri dubbi, condivisi con altre, riguardavano le modalità della protesta,
così importante per la comunicabilità delle nostre posizioni sulla libertà di aborto,
sulla presa di parola delle donne su di un tema che ormai sembra esserci stato
strappato via da una miriade di uomini, cattolici e non, che pensano di avere
il diritto di parola sui nostri corpi. Abbiamo così avanzato qualche proposta
che ci permettesse di stare in quel luogo così simbolico, come il "cordone
sanitario" in camice bianco. Insomma quel che ci premeva era ed è
l’autoprotagonismo delle donne perché la guerra si combatte su di noi, sulle
nostre vite e sui nostri corpi, sul nostro ruolo privato e pubblico in una
società e una politica istituzionale che difendono "valori" del tutto
astratti e obsoleti.

All’assemblea al Tpo di quel sabato era stato
deciso di produrre un comunicato stampa comune inerente alle decisioni prese
nella sede del Tpo. Abbiamo socializzato qualche parola d’ordine e discusso in
mailing list lo scritto. Domenica è stato diffuso il comunicato firmato rete
per l’autodeterminazione, di fatto un coordinamento politico che lega varie
realtà miste sul tema del controllo della sessualità e dei corpi di tutt*.

La rete delle donne il lunedì sceglie di
rispondere all’invito che Salizzoni (candidato per Ferrara) aveva inviato direttamente
alle femministe della città attraverso la mailing list
"retedelledonnedibologna" (sottoforma di newsletter del movimento
pro-life) disertando l’appuntamento del 2 aprile per non dare visibilità
mediatica a chi già ne ha troppa. Il
collettivo Figlie Femmine ha partecipato all’assemblea di lunedì della rete
delle donne ed ha condiviso la decisione finale e la lettera che ne è seguita sull’autodeterminazione
dell’agenda politica delle donne.

In continuità con il 24 novembre 2007, la manifestazione
contro la violenza maschile sulle donne, ma soprattutto con il percorso che
l’ha preceduta e seguita fino al FLAT,  e con il 14 febbraio 2008 quando
come donne, seguite da molti uomini, abbiamo presidiato l’Ospedale Sant’Orsola
e manifestato non autorizzate fino a Piazza
Maggiore, rivendichiamo l’autoprotagonismo e l’autonomia nel definire le nostre
lotte.                                                                                        

Pur ritenendo che sul corpo delle donne
decidono le donne non riteniamo di dover fare lotte ed azioni solo
separatiste, crediamo  sia importante che le donne autodeterminino se
stesse e le loro lotte a partire dal proprio vissuto, dalla propria vitalità e dal
proprio desiderio. La nostra scelta è una scelta consapevole e ci auguriamo che
nessuna realtà la interpreti come conseguente alle decisioni prese il 29 marzo all’assemblea del Tpo. Auspichiamo infatti che
continuino e, soprattutto, migliorino la comunicazione e il confronto tra
soggettività diverse che lottano a Bologna.

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