SOLIDARIETA’ E COMPLICITA’ CON GLI SPAZI SOTTO SGOMBERO E I DENUNCIATI DEL 23 e 27 GENNAIO

In questa città ormai tutto quello che non è monetizzabile e commerciabile è diventato illegale. La coincidenza tra esistenza, capitale e legge sta raggiungendo il suo apice. Dalle necessità biologiche a quelle meno materiali, tutto quello che la legge e il soldo non riescono a inglobare è diventato sbagliato, criminale, vezzo da “figli di papà” che dovrebbero invece “andare a lavurà”. Chiamarci oziose, pigre e lavative sarebbe un complimento se descrivesse la realtà, quel che invece detta i tempi delle nostre giornate sono professioni precarie, svariati titoli di studio, lavori di cura e affettività che, come per tutti, portano via tanto tempo, ore passate a fare politica agendo e praticando ecologia, antirazzismo, antisessismo. Il ritornello del “ma và a lavurà” di cui si è appropriata anche la sinistra perbenista per denigrare le nostre vite precarie e la nostra ricerca di spazi di resistenza alla crisi economica e culturale attuale, ha in sé un tale concentrato di menzogne e ipocrisie da far rivoltare lo stomaco. Un tempo questa città era ricca di luoghi liberati, spazi dove ascoltare musica, accedere a una cucina popolare e biologica, visitare mostre e assistere a dibattiti e presentazione di libri poco aveva a che fare con il pagamento di un biglietto, di una legge sul copyright, poco aveva a che fare con la cessione totale e intera dell’esistenza alle esigenze di consumo e produttività dettate dal capitale. Il motto “Vogliamo il pane, ma vogliamo anche le rose” ci ricorda che l’esistenza di tutte e tutti può essere immaginata e agita diversamente dall’idea che tutto quello che non è normato dalla legge, non è reso economicamente “produttivo” sia illegale o criminale. Abbiamo studiato quel che ci avete chiesto, imparato tutte le lingue che ci avete domandato; siamo antirazziste e antisessiste nonostante le schifezze che i vostri media ci hanno propinato, faremo dei lavori dequalificanti per arrivare a fine mese e l’unica possibilità per resistere e raccogliere energie sta nel creare e rendere agibili degli spazi che ci facciano stare bene, che rendano quei rari momenti in cui non dobbiamo guadagnarci il pane (o pensare a come farlo), gioiosi, intensi, emozionanti, “culturali”, vivi. Sappiamo che voi vorreste che questi spazi fossero le quattro mura domestiche che nulla fanno trapelare all’esterno (conosciamo bene la violenza che spesso è celata dietro la facciata della famiglia felice ed eteronormata); sappiamo che ci vorreste vedere trascorrere il tempo libero dal lavoro facendo shopping o rincoglionendoci davanti al computer fingendo di non avere un corpo che ha bisogno di incontrare altri corpi per vivere, ma non è così che andranno le cose. Normare e monetizzare tutto non è un’azione inevitabile, la legge non è una macchina neutra che automaticamente è tenuta a perseguire tutto quello non ha saputo acchiappare, tutto ciò che le maglie del suo linguaggio nemmeno riescono a descrivere o a riconoscere. Le scelte di un’amministrazione, di un rettore, di una questura o di un parlamento e del capitale non sono l’automatica e “tecnica” azione che segue il principio “la legge è uguale per tutti”, ma sono l’effetto di una precisa volontà di renderci sole, mute e produttive.

Noi agiremo per liberare spazi e tempi, per riempirli materialmente di tutto quello che le varie sinistre si sono vantate di voler raggiungere ma dove hanno sempre fallito: anti-razzismo, anti-sessismo, pane e salute per tutte e tutti, quiete, intensità, ironia, vita, Rivoluzione.

Forse saremo incazzate, stanche e frustrate e anche un po’ isteriche, ma almeno siamo vive.

Ci stanno togliendo il tempo, riprendiamoci gli spazi!

Figlie Femmine

versione inglese da RQAC Budapest:

http://rqac.wordpress.com/2013/01/31/from-italy-an-analysis-of-ongoing-evictions-in-the-city-of-bologna/

 partigiane

 

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