Mentre l¹Italia razzista celebrava, con la festa delle forze armate, le
infinite missioni di guerra fatte in nome della ³democrazia², il pomeriggio
del 4 novembre un presidio itinerante di femministe e lesbiche partiva dal
centro della città verso il Cie di via Mattei a Bologna, come già avvenuto
il 13 ottobre in concomitanza con la sentenza del processo contro ³le
rivoltose e i rivoltosi² del Cie di via Corelli a Milano.
³Noi non siamo complici!², questa è la firma con cui abbiamo indetto questo
nuovo presidio itinerante per denunciare alla città le vessazioni, le
violenze e gli stupri che avvengono nei lager per migranti.
Sull¹autobus 14A che ci portava verso il Cie, mentre alcune compagne
intervenivano al microfono e altre volantinavano, una giovane immigrata con
un bimbo in braccio ha raccontato la sua storia di ordinario
neocolonialismo: quel bimbo è figlio di un italiano sposato che l¹ha messa
incinta per poi sparire esattamente come usavano fare i nostri nonni nelle
colonie italiane e lei ora, nonostante la paura di violente ritorsioni,
vuole reagire a questa ingiustizia.
Nello scambio, con lei, di consigli e numeri di telefono, ha acquisito
ancora più importanza la nostra azione contro la guerra interna che lo stato
razzista ha dichiarato nei confronti delle/dei migranti, una guerra in cui
sfruttamento lavorativo e sfruttamento sessuale trovano nei Cie l¹arma
principale.
Le donne migranti, sfruttate e molestate nei luoghi di lavoro e nelle
italiche case, vivono, infatti, sotto il ricatto costante della deportazione
nei Cie e della conseguente espulsione, mentre le attuali leggi razziste
dissimulate sotto il nome di ³pacchetto sicurezza² garantiscono la
legittimità e l¹impunità della violenza di stato.
Nelle tante iniziative, importanti e necessarie, che ieri si sono svolte in
tutta Italia per dire no alla guerra e alle sue logiche che, dietro la
³lotta al terrorismo e al fondamentalismo² e ancora una volta in nome di
³noi donne², nascondono nuove forme di aggressione neocolonialiste il
nostro presidio itinerante ha affermato con forza che le guerre non sono
soltanto altrove ma anche qui, in Italia.
Armate di microfono, cartelli in cui affermavamo ³meno Cie = meno stupri²,
slogan e interventi in più lingue, abbiamo ribadito ancora una volta la
nostra volontà di non essere complici del razzismo istituzionale e la nostra
attiva solidarietà con le donne migranti che si ribellano dentro e fuori dai
Cie.
Presto torneremo di nuovo in strada e sotto al Cie per continuare a rompere
l¹isolamento delle tante Joy ed Hellen che si ribellano ai ricatti sessuali
e alle violenze da parte dei loro aguzzini nei Cie e dare sostegno e
solidarietà fattiva a tutte quelle donne migranti come Kante, Salmata,
Raya, Fatima, Vira e le tante che sono restate senza nome … che dentro
e fuori i Cie subiscono le pesanti conseguenze di un razzismo istituzionale
e diffuso sempre più violento.
Sappiamo che in altre città gruppi di compagne si stanno muovendo nella
stessa direzione e siamo sempre più convinte dell¹urgenza di moltiplicare
queste azioni in tutti i territori.
Stiamo lavorando in ambito locale perché il prossimo 25 novembre giornata
mondiale contro la violenza sulle donne diventi espressione visibile e
determinata della rottura di ogni complicità con il sessismo razzista e con
tutte quelle forme di suprematismo anche ³femminista² che riducono
l¹altra, la ³straniera², al ruolo di vittima sottomessa senza mettere in
discussione le nostre connivenze col razzismo e la violenza di stato.
Invitiamo le compagne, femministe e lesbiche, a promuovere per il 25
novembre, nei luoghi e nelle città in cui viviamo, iniziative contro i Cie
per abbattere il muro d¹omertà e rendere pubbliche le violenze che avvengono
fra quelle ³quattro mura² concentrazionarie dietro la copertura della nostra
³sicurezza².
Noi non siamo complici!
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