ANCORA UN PRESIDIO ITINERANTE VERSO IL CIE DI VIA MATTEI

Abbiamo scelto di non tacer
NOI
NON SIAMO COMPLICI!

Il 13 ottobre scorso – durante un presidio itinerante lungo il percorso
del bus 14A fin sotto il Cie di via Mattei a Bologna – abbiamo
urlato forte la nostra non complicità con il razzismo
istituzionale e le sue leggi, che legittimano, permettono e
strumentalizzano la violenza contro le donne.

Sappiamo
dalla nostra pratica che questa non avviene soltanto all’interno
delle cosiddette “pareti domestiche” ma anche tra altre “quattro
mura”, come i luoghi di lavoro, le canoniche, gli ospedali, le
questure ed anche i cosiddetti Cie – Centri di identificazione ed
espulsione –, nuovo nome per i Cpt, creati nel 1998 con la legge
Turco-Napolitano e oggi disseminati su tutto il territorio nazionale.
Da tempo le migranti e i migranti detenute/i denunciano le spaventose
condizioni di vita all’interno dei Cie, le continue violenze e
umiliazioni, i pestaggi, le malattie non curate, le morti sospette e
i tentativi di stupro.

Hanno
provato a raccontarci che i Cie sono stati istituiti per la nostra
“sicurezza”: lì vengono rinchiusi i “clandestini”,
perché gli uomini stranieri sarebbero tutti, secondo la
retorica del razzismo istituzionale, criminali e potenziali
stupratori. Ma noi sappiamo che questo è solo un modo per
legittimare pratiche e leggi razziste in nome della “difesa delle
donne”, tentando di far passare sotto silenzio il fatto che nei
Centri di identificazione ed espulsione oltre agli uomini migranti,
vengono rinchiuse anche tantissime donne senza che abbiano commesso
alcun tipo di reato, come Salmata, la giovane donna originaria della
Costa D’Avorio arrestata qualche settimana fa in questura – dove si
era recata per ultimare le pratiche di regolarizzazione – e
condotta su due piedi nel Cie di via Mattei. E qui, nei Cie, luoghi
istituiti in nome della “sicurezza” di “noi donne”, le donne
migranti subiscono continue umiliazioni, molestie, torture e stupri
da parte dei loro guardiani. Umiliazioni, violenze, stupri che le
donne migranti non hanno mai smesso di denunciare.

Come
Raya, una delle recluse nel Cie di via Mattei a Bologna, che ai primi
di maggio di quest’anno denuncia di essere stata picchiata da un
poliziotto in abiti civili e poi lasciata svenuta sul pavimento
sotto gli occhi indifferenti degli operatori della Misericordia, il
misericordioso ente che gestisce il Centro. O come le donne migranti
che nel Cie di Lampedusa hanno intrapreso, all’inizio dell’anno, una
lunga rivolta culminata in uno sciopero della fame. O come la
protesta delle compagne di Mabruka, la donna di origini tunisine che
si è impiccata nel Cie di Ponte Galeria a Roma ad aprile,
protesta che si è poi estesa alle camerate degli uomini. O
come Joy, una donna africana imprigionata e processata a Milano per
essersi ribellata ad un tentativo di stupro e alle condizioni
disumane in cui, con altre donne e uomini, era costretta a vivere
nel Cie di via Corelli.
e che per le sue dichiarazioni
rischia, ora, un processo per calunnia, perché nell’Italia
del terzo millennio i Cie non si possono mettere in discussione, e
quello che accade lì dentro deve restare omertosamente
nascosto. Proprio come la violenza sessista che noi altre donne
subiamo quotidianamente fuori dai Cie.

Ma
noi sappiamo e abbiamo scelto di non tacere. Come già il 13
ottobre, saremo ancora una volta davanti al Cie di via Mattei per
esprimere alle donne rinchiuse lì la nostra vicinanza
solidale, ma anche e soprattutto per denunciare all’esterno quello
che accade dentro questi lager del terzo millennio.

L’appuntamento
– per tutte quelle donne, femministe, lesbiche che ritengono di non
voler essere complici del razzismo istituzionale -, è per
mercoledì 4 novembre, ore 16.00, alla fermata del bus 14 A in
via Rizzoli,oppure ore 17.00 sotto il Cie di Via Mattei.

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