Come femministe che lottano, si muovono e creano saperi
all’interno dell’università crediamo sia fondamentale
un’analisi dal punto di vista di genere degli ultimi decreti legge in
materia di istruzione e welfare. Prendiamo parola come componenti del
movimento sulla reale condizione delle donne nel sistema
universitario attuale, con la volontà di portare un contributo
alla critica dell’esistente e alla volontà di autoriforma
espressa dalle studentesse e dagli studenti.
Partiamo dalla pesante ricaduta che ha lo smantellamento
del welfare, di cui i decreti Tremonti-Gelmini sono espressione,
sulle donne e sulla nostra libertà di autodeterminazione.
Oltre a delegare la nostra salute ad enti privati, tagliando fondi ai
Consultori e persino ai Centri Antiviolenza, promuove una retorica
familista neo-fascista, in cui il lavoro di cura si riversa
completamente sulle spalle delle donne, ancora una volta ricacciate
in casa a occuparsi di bambini e anziani. La famiglia è il
luogo primario delle violenze contro le donne e del controllo sui
nostri corpi e sulle nostre vite. Un’altra conseguenza è la
gerarchizzazione femminile su linee razziali e di classe del lavoro
di cura che si traduce in una regolazione dei flussi migratori sulla
base dei servizi che il pubblico non vuole più garantire.
Il DL 137 riduce il tempo scolastico a 24 ore
settimanali, decretando la scomparsa del tempo pieno. Questo pone
fine ad un progetto pedagogico avanzato e decreta una divisione
di classe tra madri che possono pagare per lasciare i bambini a
scuola e madri che saranno costrette a pagare col proprio tempo e
progetto di vita, tenendoli a casa, visto e considerato che ancora
oggi gli uomini-padri non sembrano condividere quanto
dovrebbero il lavoro di cura. Meno tempo a scuola e classi
differenziali per migranti significano precisa volontà di
discriminazione e pongono le basi per un’educazione razzista,
xenofoba, sulla scorta di un "pensiero unico"
catto-fascista.
L’insegnamento nelle scuole primarie è tuttora
demandato alle donne. Questa femminilizzazione dell’educazione
comporta il perpetuarsi dello stereotipo che ci vuole inserite
all’interno del mondo dell’istruzione solo nei gradi più
vicini alle funzioni materne. L’enorme presenza di donne nelle scuole
elementari e la decisione della Gelmini di imporre alle classi una
maestra unica comporta il futuro licenziamento di massa delle donne.
La "razionalizzazione" del personale ATA sancita nel DL 133
significa anch’essa licenziamenti per le donne, che rappresentano due
terzi dei lavoratori, e incide ulteriormente sull’occupazione
femminile che nel nostro paese non può vantare dati dignitosi.
Le modifiche all’iter di richiesta del part-time, che diventa una
"concessione dell’amministrazione" penalizzano ancora una
volta le donne che in un numero maggiore usufruiscono di questa
modalità lavorativa.
La critica al DL 133, nella parte riservata alla
"riforma" dell’Università, che in realtà
sancisce tagli economici, di personale e la trasformazione
dell’Università pubblica in fondazioni private, non può
esimersi da un’analisi delle nefaste condizioni del sistema
universitario precedente. In particolare è un sistema che per
le donne rappresenta ancora un "tetto di cristallo". Le
donne laureate superano di gran lunga il numero di uomini laureati
ogni anno, il numero di ricercatrici di III Livello (precarie e
sottopagate) è in aumento, ma risulta in decremento il dato
sulle ricercatrici di I livello, il numero di docenti ordinarie è
inferiore alla media europea, e nel CRUI (Conferenza Rettori
Università Italiana) ci sono solo 2 donne su 67 membri, che
rappresentano il 2, 6% contro il 25% francese. Il sapere è di
fatto in mano maschile come in tutti gli ambiti economico-politici
italiani, e si traduce nelle tante forme di potere patriarcale.
Riteniamo che il blocco del turn-over al 20% penalizzerà
ulteriormente le donne, e le possibilità di ricerca sui saperi
"non convenzionali" per il sistema italiano e in
particolare sui "grandi assenti" Gender Studies. Con i
tagli e senza una precisa volontà politica, la sperimentazione
nella ricerca non è ammessa, la razionalizzazione finisce per
limitare anche la ricerca tradizionale e a mercificare il sapere.
Da una parte in Italia, a differenza da tanti paesi
europei e extraeuropei non esistono Lauree triennali in Studi di
Genere. D’altra parte quando si traducono in insegnamenti all’interno
di triennali o specialistiche vengono trasmessi dal punto di vista
metodologico come specificità, senza metterne in pratica gli
aspetti di messa in discussione della didattica ufficiale e delle
asimmetrie di potere (si ripropone la lezione frontale,
nozionistica…). I temi degli studi di genere si ritrovano a dover
stare all’interno di compartimenti stagni limitanti, e, dove
esistono, vengono relegati a nicchie di saperi che non prevedono la
contaminazione con gli altri, neutralizzandone la natura trasversale
a tutti gli altri insegnamenti. Non è prevista inoltre
l’integrazione della didattica ufficiale con saperi che provengano
dal basso, da soggettività altre, come le espressioni di
movimento della società civile, in questo caso di donne
femministe e lesbiche. Questo provoca l’esclusione di temi che noi
consideriamo fondamentali per la formazione ma che il "sistema"
non considera neutri, perciò sufficientemente scientifici o
razionali. Ad esempio sembra impensabile proporre tesi di ricerca o
addirittura corsi sull’autodeterminazione delle donne, sulla
sessualità, sul sex work, sulle esperienze e la storia dei
movimenti lgbtqi o sul transessualismo. Sono temi che, se portati dal
basso all’interno dell’università possono aprire delle brecce,
mettere in discussione l’intera impalcatura patriarcale sulla quale
si regge il sistema di sapere-potere interno ed esterno
all’università stessa.
Crediamo che la volontà di autoriforma non possa
prescindere da un’analisi di genere sul sistema universitario
italiano. Se l’onda decidesse di omettere questa critica, finirebbe
per riproporre quel concetto di "neutralità" che
finisce per escludere le esistenze, resistenze e desideri di tutte e
tutti.
Figliefemmine (Bologna)
Per adesioni: figliefemmine@inventati.org
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Elena Del
Grosso
Tavola
delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città (Bo)
Maria
Grazia Negrini
Associazione
I.D.A. (Bo)
Silvia Evangelisti School
of History, University of East Anglia, Norwich
NR4 7TJ, UK
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