Appunti sull’incontro del 7 Ottobre
2008 “Di cosa parliamo quando diciamo prostituzione”
organizzato da Sexyshock.
Risorse
>> Qui puoi leggere il Disegno di Legge Carfagna "Misure contro la prostituzione"
>> Qui il comunicato del MIT e del CPCDP
>> Qui il manifesto del Comitato per i diritti civili delle Prostitute e qui il sito del Comitato per i diritti civili delle prostitute
>> Qui "O tutte o nessuna!" – campagna delle Sexy Shock
>> Qui la posizione delle Sommosse "Indecorose e Libere"
A settembre il Consiglio dei Ministri
ha approvato il disegno di legge presentato dalla Ministra Mara
Carfagna sulle misure contro l´esercizio della prostituzione
che, modificando la legge Merlin,
introduce il reato di esercizio
della prostituzione in strada e "in luogo pubblico".
Le
"Misure contro la Prostituzione" messe a punto dal Ministro
per le Pari Opportunità andranno a colpire sia le donne che si
prostituiscono in strada che i loro clienti con un´ammenda da
200 a 3000 euro o addirittura con l’arresto da cinque a quindici
giorni. Ma siamo sicure che il ddl presentato dalla Carfagna con i
ministri Maroni e Alfano sia la soluzione giusta? Noi non lo
siamo.
Il mercato del sesso è un mondo complesso che
chiama in causa innumerevoli dimensioni: le politiche
sull´immigrazione, la povertà, le disuguaglianze di
genere e il diritto di ogni donna a poter
scegliere come gestire
la propria sessualità e il proprio corpo.
Questa
serata, dunque, sarà un´occasione per raccontare il
mercato del sesso fuori dalle banalizzazioni e dai moralismi della
politica e della cattiva informazione, per offrire delle posizioni
alternative di politiche sul mercato del sesso che mettono al centro
i diritti delle persone che si prostituiscono.
Ne parliamo con:
Barbara Spinelli – Giuristi
Democratici
Porpora Marcasciano – MIT
Sandro
Bellassai – ricercatore precario di Storia contemporanea
all’Università di Bologna e Maschile Plurale
Modera e introduce: Betty –
Sexyshock
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Appunti in forma libera:
Quando si parla di prostituzione si
nomina il mestiere più antico del mondo senza ricordare che
non è mai stato riconosciuto come mestiere. Bisogna ricordare
che per chi pratica la prostituzione è un mezzo e non un fine.
E’ un mezzo per realizzare un progetto di vita o per sfuggire alla
miseria, per realizzare dei sogni.
Il disegno di legge vorrebbe eliminarla
perché la prostituzione è ad oggi considerata uno dei
quattro principali elementi che creano allarme sociale e paura.
Partiamo da come l’esercizio della
prostituzione è cambiato negli anni.
La prostituzione ha sempre avuto un suo
senso interno o una sua saggezza interna, le prostitute di solito non
esercitano in zone visibili, si scelgono posti tranquilli e discreti.
Fino a quando è esistita la figura della “prostituta
sociale”, cioè la prostituta che esercitava nel modo
classico, e che aveva un nome, una storia, un ruolo sociale
riconosciuto, questa saggezza è stata rispettata.
Oggi questa figura è stata
sostituita dalla “prostituta massa”, clandestina senza nome e
senza storia una soggettività che esercita maggiormente per le
strade. La prostituta sociale aveva un nome, la prostituta massa si
definisce per nazionalità (“le rumene” “le nigeriane”)
e vive una storia spezzata rispetto al proprio passato, perché
il legame tra la vita prima di prostituirsi e la vita da prostituta è
completamente reciso.
Nascono così delle storie
degenerate, situazioni in cui tutte le regole interne alla
prostituzione saltano. Ma questa degenerazione è stata voluta
dal potere per servirsi della paura e dell’allarme sociale! Ad
esempio l’aggressione a Roma alle trans sudamericane. Quella
degenerazione è stata voluta, era una situazione lasciata a se
stessa volontariamente, per provocare un’azione guidata da
giovani fascisti sostenitori della giunta Alemanno e dei suoi decreti
anti-prostituzione.
Le emergenze sociali vengono manovrate
da burattinai sapienti ben attenti a dimenticare le buone esperienze.
Come ad esempio il progetto di
riduzione del danno di Venezia che ha portato al tavolo tutti gli
attori coinvolti tra cui operatori sociali forze dell’ordine e
residenti e prostitute. La soluzione è stata trovata nello
“zoning”. Ha funzionato perchè è l’unico progetto
in Italia che ha valenza di servizio e perciò ha continuità.
Questi progetti sono nati 13 anni fa. I
primi furono Venezia Bologna. Quello di Bologna saltò con la
giunta Guazzaloca. Il progetto di Bologna era un’eccellenza ma nel
2000 fu cassato in due giorni a mezzo stampa. Dopo soli due anni la
giunta Guazzaloca si è vista costretta a richiamare il
progetto chiedendo però che non si parlasse di “riduzione
del danno”.
Un altro aspetto della legge Carfagna e
dei provvedimenti locali che ci deve preoccupare è l’ambiguità
che si esprime nella normazione dei corpi delle donne e delle trans
attraverso la perseguibilità per il semplice abbigliamento
indecoroso.
Grande assente da ogni discorso sulla
prostituzione resta sempre il cliente.
A partire dal discorso pubblico si
parla sempre e in modo esclusivo di prostitute. In realtà
esiste anche una “domanda” oltre all’offerta: il cliente.
Questo tipo di rimozione ha diverse
cause. Il lato maschile resta invisibile perché innanzitutto
il genere maschile è dominante e uno degli attributi del
potere è godere dall’assenza dallo spazio critico o pubblico
della società.
Nell’immaginario del cliente la
prostituta è qualcosa di sporco perché è
specchio della propria sporcizia. Il desiderio maschile ha così
una doppia valenza. Gli uomini hanno sempre considerato la l’identità
come scissa tra una ragione – nobiltà d’animo – e un corpo
portatore di istinti ignobili e di violenza. La sfera sessuale è
quella in cui questa contraddizione si esprime al massimo. La
prostituta è lo strumento perfetto per ricomporre questa
contraddizione perché vi è un ordine gerarchico tra i
due soggetti. In questo modo si esorcizza il desiderio maschile e
l’uomo si sente in diritto di scaricare l’istinto sporco sul corpo
della prostituta impura. Ed è per questo che per l’uomo la
prostituta deve restare impura. L’uomo non chiede alla propria donna
ciò che chiede alla prostituta, avviene una sessualizzazione e
negativizzazione conseguente del corpo della prostituta in netto
contrasto con la donna angelo del focolare, moglie e madre.
Parlare di prostituzione ha a che fare
con la sessualità, con l’autodeterminazione e con il simbolico
femminile: è chiaro che il riferimento alla gonna corta nel
disegno di Legge Carfagna ha l’intento di normare i comportamenti
sessuali.
Il DDL Carfagna consta di soli quattro
articoli e rappresenta una scheggia impazzita rispetto alla
legislazione sulla prostituzione e perciò alla legge Merlin
del 1958, alla legge sulla tratta, al testo unico sull’immigrazione.
Perché è una scheggia impazzita?
Innanzitutto perché fa parte di
quella legislazione d’emergenza tipica della politica degli ultimi
anni (ricordate il “pacchetto sicurezza”?) che toglie la
possibilità di discutere pubblicamente temi importanti. In
questo caso riduce la prostituzione ad un problema di ordine
pubblico. Seconda cosa perché è la prima volta nel
nostro ordinamento che si criminalizza l’esercizio della
prostituzione, sia la prostituta che il cliente. Il precedente lo
troviamo nel 1400 quando a seguito della Controriforma della chiesa i
Comuni bandirono le prostitute dai propri territori perchè
offensive del decoro. Questa legge ci riporta a quei tempi, che
rappresentano una parentesi rispetto alla tolleranza diffusa
precedente e seguente. Nel 1800, a seguito della venuta di Napoleone
in Italia, la prostituzione fu disciplinata in un nuovo modo: non era
vietata ma regolamentata come funzionale al benessere dell’esercito.
Perciò veniva garantita la salute del cliente e il rispetto
del decoro attraverso esami medici coatti, schedature e trasferimento
della prostituzione all’interno delle case.
Si fece strada così il discorso
sul “contagio”. Dal 1800 lo Stato si è preoccupato di
controllare la salute del corpo femminile attraverso visite sanitarie
obbligatorie e mai ha controllato la salute del cliente. Dal punto di
vista antropologico e Lombrosiano la figura della prostituta era
descritta come una categoria clinica particolare perciò la
tutela della salute della prostituta non era considerata un suo
diritto ma un diritto del cliente. Il tema di contagio è
insomma il corrispettivo logico del tema del vizio. Il desiderio
maschile, motore primo di questo apparato, viene invece considerato
“naturale”, quasi “atmosferico”, trascendente, si sottrae
alla realtà empirica e si sottrae così alla critica.
Questo desiderio naturale è ambivalente, è considerato
cioè socialmente pericoloso. Perciò deve prevedere dei
canali, dei luoghi giuridicamente predisposti, in cui possa
scaricarsi. Nel 1958 infatti molti oppositori della legge Merlin
argomentavano: <<Il vizio dilagherà sulle strade! Come
feranno gli uomini senza la possibilità di sfogare il proprio
desiderio?>>
Il parafulmine di quest’energia fallica
incontenibile è la prostituzione.
Questa condizione cessò solo nel
1959 con la legge Merlin.
Le case chiuse erano luoghi di
controllo e contenimento delle prostitute, alle quali addirittura
veniva tolta la carta d’identità, erano luoghi di vera propria
schiavitù. Nel 1950 venne redatta la Convenzione
Internazionale contro la tratta in cui si afferma che la donna deve
essere soggetto libero che gestisce il proprio corpo,
conseguentemente l’esercizio nelle case deve essere eliminato finché
ci saranno soggetti che lucrano su di loro.
Prima del 1950 la donna era “oggetto”
di disciplina, dal 1950 e dalla Legge Merlin in poi diventa
“soggetto” della legge. Ma cosa dice la legge Merln? La
prostituzione non è reato. La legge sancisce il divieto
dell’esercizio nelle case chiuse, all’articolo tre introduce reati di
favoreggiamento e adescamento, volti a garantire il diritto
all’autodeterminazione delle donne. E’ una legge che rappresenta
un’interpretazione innovativa e rispettosa dei diritti umani. E’ vero
però che la giurisprudenza ha poi fatto un uso distorto della
legge merlin utilizzando il favoreggiamento per punire tutte le
esperienze di vicinanza e aiuto alle prostitute.
La legge Carfagna criminalizza ogni
forma di esercizio in pubblico e all’articolo uno criminalizza
chiunque contratta o si avvale di prestazioni sessuali. E’ una
legge generica che scardina il principio di libertà
sessuale delle persone, è ideologica, è volta alla
repressione della prostituzione su strada per un rinnovato concetto
di decoro e va al di là delle leggi esistenti. Inoltre
introduce più problemi nella gestione del tema della tratta
perché la prostituzione viene solo nascosta dagli occhi del
comune cittadino, rendendo così difficile il lavoro delle
associazioni e delle forze dell’ordine che contrastano la schiavitù. Infatti l’Articolo 18 resta integro e applicato, ma sarà sempre più difficile raggiungere le donne che davvero vivono il dramma della tratta una volta rinchiuse nelle case.
Questa legge è legata una
rinnovata concezione repressiva del corpo della donna e della sua
libertà sessuale, viola i diritti di libertà
contrattuale delle prostitute e dei clienti, non rispetta le
convenzioni internazionali che affermano che il sesso tra adulti
consenzienti non è un crimine. Dovevamo aspettarci questa
criminalizzazione quando grazie a poteri“speciali” i sindaci
hanno legiferato contro la prostituzione con la scusa della pubblica
sicurezza e della circolazione stradale. Già allora si è
delineato un abuso di potere sul corpo delle donne e delle trans, e soprattutto sul
corpo delle migranti.